Dan Flavin, semplici oggetti di luce

Dan Flavin, semplici oggetti di luce

Nell’estate del 2005, un avvocato di New York entra in una galleria d’arte per chiedere la valutazione di un oggetto che ha appena comprato. Si tratta di una lampada composta da tre normalissimi neon. Chi gliel’ha venduta gli ha assicurato di averla a sua volta acquistata a una mostra che si era tenuta a Parigi nel 1987. Dopo averne osservato attentamente il colore e le finiture, un esperto certifica che si tratta di un’opera dell’artista Dan Flavin.

Nel 1961 Flavin lavora come custode all’American Museum of National History quando realizza lo schizzo della sua prima installazione luminosa. Ne seguirà una serie che battezzerà “icons”, otto parallelepipedi in legno coi colori tipici delle icone ortodosse, il giallo, il rosso il nero, sulla cui superficie sono fissate lampade a incandescenza o al neon. Durante la sua carriera, Flavin realizzerà oltre 570 opere di luce, molte delle quali raggiungeranno quotazioni di mercato di centinaia di migliaia di dollari. Ma non si tratta della favola di un guardiano notturno che si trasforma improvvisamente in un artista di successo.

Flavin era stato in aviazione, aveva lavorato come meteorologo, come impiegato, ascensorista, ma si era anche diplomato in pittura alla Columbia University. Nei primi anni della sua carriera artistica aveva realizzato dipinti e disegni rifacendosi allo stile dell’Espressionismo Astratto, la corrente nata a New York nel secondo dopoguerra, a cui appartenevano Mark Rothko, Jackson Pollock e Willem De Kooning. In seguito aveva sviluppato la passione per i materiali d’uso comune, come le lattine trovate per strada.

Tutta la sua produzione successiva si basa proprio su questo principio: usare lampade facilmente reperibili in commercio per creare sculture luminose senza però realizzare l’oggetto che emette la luce, ma concentrandosi soltanto sulla luce stessa: sul suo colore, la sua intensità, sul modo in cui avrebbe modificato lo spazio circostante.  

Per molti anni, l’utilizzo di materiali di uso comune diventa anche un vantaggio per galleristi e collezionisti che possono riparare o sostituire neon e lampadine malfunzionanti spendendo pochi centesimi di dollaro. Ma cosa sarebbe successo quando l’artista non sarebbe stato più in vita? 

Flavin muore nel 1996. Quando nove anni dopo l’avvocato di New York scopre di avere in mano una sua opera e di aver fatto un vero affare, i neon sono ormai fulminati e non più in produzione.

Oggi per sostituire un pezzo di un’opera di Flavin bisogna ricorrere ad artigiani specializzati che lavorano su commissione. E se sotto questo aspetto le sue opere hanno perso l’approccio radicale del loro creatore, ci resta sempre la bellezza minimale che riescono a regalarci con la purezza della loro luce.




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